Il Cristo, giudice in mandorla, sovrasta la porta della cappella circondato da dodici serafini.
Un piccolo angelo che impugna la tromba dell’apocalisse è delineato da pochi colori su uno sfondo di preziosissimo blu oltremare che circonda tutte le scene di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova.
I preziosi pigmenti, che da tutto il bacino del Mediterraneo arrivano a Venezia, sono approvvigionati per il lavoro commissionato da Enrico Scrovegni.
Una trifora è posta sopra il Cristo: da qui si dipana il gioco di luci di Giotto, che ha posto i riquadri con episodi diurni in modo che fossero colpiti piena luce di mezzogiorno.
La geometria della luce e l’uso del pigmento blu oltremare, che accompagna ogni scena, compongono un’atmosfera trascendentale e mistica.
L’intensità del blu oltremare, quasi impareggiabile, lo rende, insieme alle sue origini e al sistema di produzione molto laborioso, uno dei pigmenti più costosi e rari utilizzati nel medioevo.
La materia prima, il lapislazzuli, è una pietra rara e preziosa la cui origine, fino al XIX secolo, era vaga e leggendaria.
Proveniva dal Badakshan, una regione dell’Afghanistan e giungeva in Europa via terra seguendo la via della seta attraverso Samarcanda, oppure via mare attraverso l’oceano indiano; alla provenienza deve in suo nome: “oltremarino”.
Dietro la tinta uniforme di Giotto, in un attimo di vertigine scorgo l'impresa delle galee sui flutti gonfi del mare, le malizie dei mercanti dei fondaci, la finezza diplomatica degli ambasciatori di Marco. Ancora più in là si muovono, avvolte di polvere, le carovane.
“Et di quel cholore, con l’oro insieme, i quali fioriscie tutti lavori di nostra arte, vuoi in muro o vuoi in tavola, inn-ogni chosa risprende.”
Cennino Cennini
ANGELO
Giotto, particolare tratto dal "Cristo sul trono del tempo"
Cappella degli Scrovegni, Padova, 1303-05
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