sabato 15 settembre 2012

L'Annuncio


L’angelo Gabriele che ho rappresentato in quest’icona fa parte dell’Annunciazione del Polittico Orsini, sfortunata opera di Simone Martini, smembrata e sparpagliata in tre diversi musei: Parigi, Anversa e Berlino.
L’Annunciazione si trova ad Anversa ed è composta da una tavola con la Vergine ed una con l’angelo Gabriele.

La grazia e l’eleganza dell’angelo, con voluminosi tessuti e ali d’uccello, mi hanno subito colpito. Ho deciso farne un'icona da regalare per un battesimo.

Di angeli ho parlato spesso, oggi voglio descrivere la scena dell’Annunciazione che tante volte troviamo sui portali delle chiese, su quadri ad olio o su tavole dipinte. Il tema dell’annunciazione attraversa secoli, correnti, stili, ma conserva iconografia e simboli: i significati dei gesti che troviamo in quella che sembra semplicemente una figura statica sono affascinanti.

Si festeggia il 25 marzo, nove mesi prima del Natale, ed è un momento fondamentale nella tradizione cristiana perché è il contatto profondo tra il mondo divino e terreno: è il giorno dell’incarnazione, Dio si fa uomo. L’arcangelo Gabriele porta l’annuncio a Maria. 

L’angelo è inginocchiato, ha le braccia incrociate e porta al petto il bastone del messaggero. Le braccia incrociate sul petto significano sottomissione: Gabriele si trova di fronte alla Madre di Dio.
Dobbiamo guardare (qui) all'altra tavola per immergerci nella rappresentazione:
l'Annunziata è sorpresa, quasi contrariata, dall'angelo appena arrivato che ha ancora il mantello ed il nastrino fermacapelli svolazzanti. Lei sta leggendo la Bibbia: sgomenta appoggia la mano destra sul petto, nel gesto di impotenza. La colomba dello Spirito Santo in un fascio di luce sta scendendo dal Cielo su di Lei. Di fronte a Maria un vaso con tre fiori di giglio rappresenta il concetto teologico della purezza della Vergine prima durante e dopo il parto: Simone Martini fa fiorire anche il bastone di Gabriele in un giglio bianco.

L'Annunciazione non può lasciare indifferenti: sembra una  scena di due figure, sembra innocua? Ma il minimo "cosa?" o "perchè?"  travolgono il pensiero...  oppure da lì il pensiero parte, guidato come una nave da un faro?
Da quell'anno in cui accade questa scena il Tempo è cambiato per tutti. L'anno dell'Incarnazione, lo stesso della Natività, ha diviso il nostro asse temporale in un prima ed in un dopo. Se l'uomo può conoscere Dio (nel Cristianesimo) deve partire da qui...




ANGELO ANNUNCIANTE
Simone Martini, particolare dell'Annunciazione tratto dal Polittico Orsini 
Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, Anversa, 1333-1337



                                                                                                                                                                              

lunedì 30 aprile 2012

Et di quel cholore

Il Cristo, giudice in mandorla, sovrasta la porta della cappella circondato da dodici serafini.
Un piccolo angelo che impugna la tromba dell’apocalisse è delineato da pochi colori su uno sfondo di preziosissimo blu oltremare che circonda tutte le scene di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova.
I preziosi pigmenti, che da tutto il bacino del Mediterraneo arrivano a Venezia, sono approvvigionati per il lavoro commissionato da Enrico Scrovegni.
Una trifora è posta sopra il Cristo: da qui si dipana il gioco di luci di Giotto, che ha posto i riquadri con episodi diurni in modo che fossero colpiti piena luce di mezzogiorno.
La geometria della luce e l’uso del pigmento blu oltremare, che accompagna ogni scena, compongono   un’atmosfera trascendentale e mistica.
L’intensità del blu oltremare, quasi impareggiabile, lo rende, insieme alle sue origini e al sistema di produzione molto laborioso, uno dei pigmenti più costosi e rari utilizzati nel medioevo.
La materia prima, il lapislazzuli, è una pietra rara e preziosa la cui origine, fino al XIX secolo, era vaga e leggendaria.
Proveniva dal Badakshan, una regione dell’Afghanistan e giungeva in Europa  via terra seguendo la via della seta attraverso Samarcanda, oppure via mare attraverso l’oceano indiano; alla provenienza deve in suo nome: “oltremarino”.
Dietro la tinta uniforme di Giotto, in un attimo di vertigine scorgo l'impresa delle galee sui flutti gonfi del mare, le malizie dei mercanti dei fondaci, la finezza diplomatica degli ambasciatori di Marco. Ancora più in là si muovono, avvolte di polvere, le carovane.

“Et di quel cholore, con l’oro insieme, i quali fioriscie tutti lavori di nostra arte, vuoi in muro o vuoi in tavola, inn-ogni chosa risprende.”
Cennino Cennini



ANGELO
Giotto, particolare tratto dal "Cristo sul trono del tempo" 
Cappella degli Scrovegni, Padova, 1303-05



sabato 18 febbraio 2012

Scaglie d'oro e terra d'ombra

Scaglie d’oro ed argilla sono elementi che l’uomo ha preso dalla terra per figurare il Cielo.

Dell’uomo sono l’arte, cresciuta nel brulichio di botteghe delle città medievali, e la parola scritta. Pochi decenni prima della diffusione della stampa, il Maestro Cennini, un fiorentino, scrive il Libro dell’Arte.  Ci svela l’artista del Quattrocento che si misura con l’universo degli elementi minerali ed animali: terra, legno, pigmenti, e collanti.
Nelle nostre città non suona più il martello dei battiloro; le presse industriali stringono  grani d’oro in foglie lontano dal centro, nei capannoni.

Se però  rimaniamo negli stretti confini di queste tavole, nient’altro ci scosta dalla littera del Maestro medievale.

venerdì 3 febbraio 2012

Nevica

Nevica. La neve porta silenzio. I magici fiocchi che ricordano biscottini natalizi e vociare di bambini, in questo momento lasciano una pace bianca.

E io la guardo cadere dalla mia finestra, ricopre i prati, gli alberi, le strade, e soprattutto fa tacere il mondo.

A volte mi capitano, camminando per la strada, dei momenti di pace. Intorno a me è come se il mondo si fosse fermato, nell’aria c’è un strano silenzio, una quiete ancestrale che non so spiegarmi. Quello che so è che riesco ad sentire meglio i miei passi, il mio respiro, a percepire più chiaramente i rumori intorno a me. E’ un silenzio immobile che non riesco ad interpretare.

Poi improvvisamente tutto ricomincia, le macchine passano, i cani abbaiano e questo momento inspiegabile passa. Solo con la neve questa atmosfera si ricrea naturalmente, e visto che non capita spesso, non mi faccio sfuggire l’occasione per tendere l’orecchio ed ascoltare i rumori più lontani che solitamente vengono coperti. Sono rumori di voci, passi, risate...

Oggi la neve è la padrona, e candido come lei, ecco l’angelo Gabriele; come la neve scende tra gli uomini per degnare il mondo di un attimo di pace tra un turbinio di fiocchi e un leggero battito d’ali.


ANGELO GABRIELE
Duccio di Buoninsegna, particolare tratto da "La Maestà"
Siena, Museo dell'Opera Metropolitana del Duomo, 1308-1311

mercoledì 25 gennaio 2012

Una nuova esperienza e una vecchia icona molto difficile


L’anno nuovo, quest’anno funesto nelle predizioni, è cominciato positivamente.
Mi ritrovo in un momento speciale, ho cominciato una nuova avventura lavorativa; ora che ho tutto l’entusiasmo di affrontare la nuova esperienza mi sento di raccontarvi dell’icona più difficile che ho realizzato: L’incoronazione della Vergine di Gentile da Fabriano.
Quest’opera, originariamente stendardo processionale dipinto su entrambi i lati, è un tripudio d’oro e decorazioni che rendono preziosa e solenne la scena: Cristo sta incoronando la Vergine che si inchina incrociando le braccia in segno di rispetto. La scena illuminata d’oro si svolge tra sontuosi paramenti e ricche vesti, da cui traspare lo stile gotico internazionale dell’artista, e che svelano accenti della trazione veneziano-bizantina.
La difficoltà maggiore è imitare la ricercatezza dei motivi decorativi dei tessuti; il preziosismo che crea l’oro su un supporto morbido dev’essere alternato alle ombre nelle pieghe delle vesti, e sembrare realmente intessuto con esse. Non è semplice dipingere sull’oro, lamina lucente e quindi difficoltosa da domare col colore che spesso sfugge e non resta impresso.
Credevo di non riuscire a realizzare l’icona come volevo data la sua difficoltà, ma me l’avevano commissionata per una persona importante.
Parte dopo parte l’icona ha preso forma quasi da sola davanti ai miei occhi. Stando bene attenti si vede la paura della sconfitta cedere il passo alla coraggiosa soddisfazione, e diventa tutto più semplice e risolvibile.
Oggi mi sento bene pensando che il mio dipinto si trova nella splendida Mantova, e non mi dispiace essermene distaccata.
Al momento della consegna mi è salita la tristezza di ogni volta che finisco un nuovo lavoro che mi piace e che è stato particolarmente difficoltoso: questa è una cosa speciale.



INCORONAZIONE DELLA VERGINE
Gentile da fabriano, tratto da "l'Incoronazione della vergine"
Los Angeles, The J.P. Getty Museum, 1420 circa
misure: 30 x 40 cm





domenica 8 gennaio 2012

Angiolino musicante

Questa piccola icona riproduce l’angiolino musicante del Rosso Fiorentino, artista cinquecentesco molto apprezzato dal Vasari.
Nel primo Cinquecento l'Europa è in profonda trasformazione, e l’arte va abbandonando la classicità rinascimentale, pur ispirandosi alla maniera dei suoi più grandi maestri: Raffaello e Michelangelo.
L’arte diviene fine sa se stessa, abbandona l’ideale di bellezza e perfezione della natura; tutto diventa artifizio, ricerca estrema del preziosismo, che si traduce nel deformare i corpi, mutare i visi e accendere i colori.
Il Rosso Fiorentino dipinse il piccolo angiolino musicante nel 1521 probabilmente quando si trovava a Volterra, visto che nello stesso anno dipinse la sua più grande opera “La deposizione di Cristo” che si trova nella pinacoteca della città.
L’angioletto è un putto sbarazzino  dallo sguardo  vivace: suona un grande liuto, come se lo strumento gli fosse capitato in mano per caso. Le tonalità molto sfumate ci ricordano che nel XVI secolo si incominciava ad usare l’olio al posto della tempera ad uovo, ma non si era ancora abbandonata la tavola per la più moderna tela; era un’epoca di passaggio anche nelle tecniche pittoriche.
Il tramonto della grande maniera avviene con la fine del Concilio di Trento nel 1563, quando le esigenze della Chiesa riformata (o controriformata) spingono a rappresentare soggetti semplici e devoti che non avevano nulla a che vedere con la pittura manierista, troppo complessa e poco chiara.


ANGIOLINO MUSICANTE
Rosso Fiorentino, tratto dal dipinto "Angiolino Musicante"
Firenze, Galleria degli Uffizi, 1521
misure: 20 x 16 cm



martedì 6 dicembre 2011

La spada di San Michele

San Michele, angelo delle folgori e delle tempeste, lascia la sua prima impronta in Italia sul finire del V secolo. Il suo piede ha impresso un segno nelle rocce, giù nel Gargano. E’ veneratissimo in Oriente, dove la sua virtù è risanatrice e purifica il cristiano.

La spada la impugnerà con i Longobardi, che, un secolo dopo l’arcangelo, arrivano nel Gargano scendendo dai valichi friulani. Non vengono per risanare o purificare: per loro chi conta ha sicuramente una spada in mano.
La forza dell’immagine del vincitore delle schiere demoniache è dirompente per le genti guerriere longobarde: ne diventa alto protettore. Due secoli dopo appare tra Bretagna e Normandia, e diverrà patrono dell’Impero ricostituito.

L’Arcangelo guida la fede che si conferma in Europa, e durante gli accesi contrasti del XI secolo si completa il disegno geografico: con S. Michele alla Chiusa, allo sbocco della Val Susa, il taglio di una spada sguainata è in guardia sull’Occidente cristiano, dal Gargano a Mont-Saint-Michel.

I tempi del Polittico di Simone Martini sono molto diversi, la Chiesa ha già definito la sua fede, così come doveva essere, e superato i confronti dell’impero e dell’eresia. San Michele però non ha abbassato la spada: la solennità del guerriero di Martini scoraggia chiunque abbia l’ardire di contestare i compagni che protegge. Ambrogio e Agostino, Padri della Chiesa, possono stare certi ai suoi lati nel polittico di Cambridge.


ARCANGELO MICHELE
Simone Martini, particolare  dell’elemento centrale del Polittico di Cambridge
Cambridge, Fitzwilliam Museum, 1320-1325
misure: 16 x 14 cm